Quale sarà il futuro della moda dopo la ripresa?

articolo futuro della moda dopo la ripresa

In questo momento di grande incertezza, fioriscono senza sosta ipotesi e congetture riguardo al futuro che ci aspetta alla fine della pandemia di COVID-19 in corso. Il settore della moda, in particolare, si ritrova a confrontarsi necessariamente con i problemi e le contraddizioni che la affliggono da qualche tempo e che hanno cominciato a diventare evidenti dall’inizio di questo stop forzato.

Numerose le domande che nascono spontanee: quali saranno le ripercussioni a lungo termine? Questa situazione porterà a un’evoluzione nel mondo della moda e dei suoi ritmi produttivi? Ci si chiede anche e soprattutto come reagiranno gli attori più importanti per la sua sopravvivenza: i professionisti da una parte e i consumatori dall’altra.

Come abbiamo visto la settimana scorsa, durante le sue lezioni di Fashion Design, la stilista Simona Serra ha affrontato questo argomento con i suoi studenti della MKS Milano Fashion School, i quali rappresentano letteralmente il futuro del settore. Proprio per questo motivo, abbiamo chiesto ad alcuni di loro di condividere con noi una piccola riflessione in merito.

Carlo Migliori (studente di Fashion Design, Anno I):

È probabile che ad ogni periodo di repressione e tensione ne succeda uno caratterizzato da cambiamenti radicali e spesso volti all’evoluzione. Almeno così la storia ci rammenta; ci basti pensare al Neoclassicismo che dopo la Rivoluzione francese, in un sogno che durò solo due decenni, riuscì a mettere da parte gli eccessi, le frivolezze e le costrizioni del rococò, oppure quando dopo la Seconda guerra mondiale a rivoluzionare la moda e lo stile di vita di tutti furono i colorati e trasgressivi movimenti giovanili degli anni ‘50 e ‘60. Più delle nostre imprese o condizioni finanziarie, sicuramente fondamentali nelle nostre vite, è molto più importante preservare l’aria che respiriamo, continuare a vedere il sole sorgere ed essere sempre più uniti. Forse sarà questo uno dei sentieri nel quale la moda si addentrerà; sempre più fresca, sostenibile e attenta anche alle necessità del pianeta su cui poggiamo i piedi, oltre che al nostro comprensibile bisogno di esprimerci. Certo è che molte aziende, almeno quelle che sopravviveranno al terremoto economico provocato dal Covid-19, prendano volontariamente o meno questa direzione, saranno costrette a dover diminuire le eccessive quantità di produzione e i frenetici ritmi lavorativi.
Se le cose cambieranno in meglio quanto pensiamo duri il sogno questa volta?
Insomma, adesso la sfida di tutti è capire come andranno le cose e la verità è che nessuno lo sa; quello che possiamo fare è capire come agire nel presente. Il nostro dovere oggi è essere ottimisti e fare in modo che la svolta sia positiva: molto meglio utopici che distopici.

Davide Zingarelli (studente di Fashion Design, Anno I):

Penso che questo stop forzato porterà grandi cambiamenti in tutto il mondo e quindi anche nel settore moda. Che ci piaccia o no, saremo costretti a viverlo e, anche se vorremmo ripartire in quinta, cosa che mi preoccupa, sarà impossibile farlo. Perché è come se mancasse la materia prima per avere questa spinta…e io ne sono felice!
Sono felice perché mi rattristava come stavano andando le cose: eravamo tutti diretti verso un’esplosione carburata dalla parola “FAST”. Tutto il mondo che conoscevamo era sempre più pieno di fast qui e fast lì, non si dava più importanza alle cose.
Io ho sempre preferito la qualità alla quantità, quando compro un capo per me sono disposto anche a spendere tanto, ma solo se so che durerà nel tempo e dopo tre lavaggi in lavatrice non sarà da buttar via. Sono d’accordo con la Prof Serra: eravamo arrivati ad un livello di consumismo esagerato e c’erano troppe collezioni e poche idee.
Penso che le persone avranno meno soldi di prima, quindi non compreranno più un capo che metteranno per qualche mese per poi buttarlo o sostituirlo. Faranno sicuramente acquisti più ponderati. E senza una clientela così consumatrice anche i produttori si vedranno costretti a fare dei cambiamenti. Io trovo tutto ciò bellissimo e rivoluzionario! Un creativo ha bisogno anche di tempo per creare, per riflettere, per fare ricerca, per capire dove vuole andare e cosa vuole comunicare. Perché la moda è anche questo, non è solo vendere e consumare! Pensare solo a questi due fattori e continuare a buttare fuori cose come lo si faceva prima, trovo che sia tossico! Uccide la creatività e avvelena il consumatore.
In sintesi, bisogna capire che non tutto il male vien per nuocere: io non credo che le cose succedano per caso e la pandemia deve essere presa come un periodo di riflessione. Questo momento oscuro ci porterà a un livello zero e ci darà la possibilità di ripartire in una maniera più giusta e sana per tutti, e non mi riferisco solo al sistema moda.

Carla-Elena Acatrinei (studentessa di Fashion Design, Anno II):

Senza dubbio il momento che tutti stiamo attraversando con ansia e preoccupazione ha condizionato i nostri stili di vita e “sfere” della società, tra i quali appunto l’industria della moda.
Penso che il problema del fashion system risalga a molto tempo prima dell’arrivo della pandemia. Una volta “fare” moda significava creare e trasmettere un messaggio, o almeno io sono cresciuta con questa convinzione, dando inoltre spazio a coloro che hanno qualcosa da dire, protestare. Purtroppo penso che il problema parta dalla società in cui viviamo, siamo convinti che la vita vada vissuta andando alla velocità della luce, e non ci chiediamo perché, non ci fermiamo a riflettere su noi stessi e sulle conseguenze delle nostre azioni.
Le grandi marche pensano di sapere quello di cui noi giovani, forza motrice delle future generazioni, abbiamo bisogno, ma non è proprio così.
Io non ho bisogno di campagne pubblicitarie visivamente accattivanti se il messaggio non c’è o comunque non riguarda le mie “necessità”.
Personalmente ho bisogno di sentirmi incoraggiata e accolta da questo mondo che ho scelto e di cui mi ero innamorata tempo fa.
È dunque giusto che la moda si fermi, paghi le conseguenze delle proprie azioni e rifletta sui cambiamenti da intraprendere, sperando che dia presto voce a quelli come me o i miei coetanei, che sicuramente hanno voglia di trasmettere un messaggio.

Eleonora Ferrari (studentessa di Fashion Design, Anno II):

Situazioni come quella che stiamo vivendo arrivano ciclicamente per cambiare qualcosa, sono indice che lo stile di vita dell’uomo esagera e sovrasta gli equilibri del mondo.
La moda è stata spremuta in questi anni, obbligata a seguire ritmi allucinanti che l’hanno snaturata, travolta dal fast fashion. La moda è arte ed espressione di sé. Oggi è desiderabilità sociale e trends. È sovrapproduzione, inquinamento, spreco. Non conosce innovazione, qualità, sincerità. Non può continuare così, perde di valore e di significato.
Questo stop forzato è l’occasione perfetta per rallentare e ritornare all’essenziale.
In questo momento di crisi tutta la macchina si è inceppata, i consumatori non acquistano o sono più cauti. Sfruttano le piattaforme online, così come fanno i brands nella comunicazione: queste saranno ancora più importanti dopo, perché ora sono diventate essenziali nelle nostre vite. Sarà più difficile accedere liberamente ai negozi, provare e comprare senza vincoli, quindi forse si preferirà acquistare online. Ma ci saranno meno soldi a disposizione, quindi meno domanda? Inoltre, i consumatori hanno riscoperto un lifestyle più lento, rilassato, umano. Vero. Lo continueranno dopo o cadranno nuovamente nel vortice del consumismo? Questo sarà determinante per capire il futuro della moda.
Per molti (e per me) è meglio tornare ad una minore offerta, le classiche due collezioni stagionali, che non rincorrono trends ripetitivi buttati fuori per un’illusoria innovazione, ma che offrono prodotti duraturi, funzionali e versatili. Rallentare. È necessario anche per fare respirare l’ambiente; continuare uno sfruttamento malsano e incontrollato di un sistema chiuso, quale è la Terra, prima o poi porta ad una catastrofe. Ignorare questo problema e rimandarlo a un futuro ipotetico non serve, tanto vale affrontarlo subito.

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